Stefania Collet, coordinatrice di LimitiZero, ha scritto una intensa lettera dedicata ai protagonisti del progetto.
Di seguito la pubblichiamo in versione integrale.
Sono tanti anni che lavoro nelle malattie rare, circa 20, e ho avuto l’onore di conoscere tantissime persone straordinarie. Grandi, piccoli e giovani pazienti che si affacciano al futuro grazie alle nuove terapie che oggi sono disponibili perché ci sono tante realtà – profit e non profit – che ogni giorno lavorano per garantire a tutti una qualità della vita sempre maggiore. Ho anche perso amici “rari” che amavo e stimavo profondamente, ma questo vale per ognuno di noi.
Impegnarsi per far conoscere queste patologie significa, per me, tornare a casa la sera con la sensazione che probabilmente ci sarà qualcuno che si sente meno solo, che forse una famiglia ha trovato le risposte che cercava, che ci sarà meno paura ad avvicinarsi a qualcosa che non si conosce. Fare la propria parte, questo è l’obiettivo, dopo tanti anni è ancora la spinta che mi fa andare avanti anche quando sembra difficile.
Poi ci sono incontri che ti rimangono nel cuore più di altri, che ti cambiano il modo di vedere le cose e ti offrono la possibilità di scoprire che, anche se non ne sei consapevole, ti sei data dei limiti che non riesci a vedere. I ragazzi che stanno partecipando al Progetto Emofilia LimitiZero mi hanno regalato una nuova occasione per vederli e per ricordarmi che possiamo fare sempre qualcosa di più per superarli.
I giorni che abbiamo trascorso insieme a Morimondo sono stati bellissimi ma molto faticosi, non tanto per le attività realizzate con i docenti dello IED che sapevo sarebbero state appassionanti e divertenti, ma per la responsabilità che sentivo nel “dover gestire” degli adolescenti dei quali non sapevo nulla. Cinque ragazzi con l’emofilia, e tre loro amici, che stanno cominciando ad afferrare la vita tra le mani con nuove possibilità grazie alle terapie che, oggi, gli consentono di vivere tutto ciò che desiderano: fare sport, viaggiare, osare. I limiti dovuti all’emofilia, negli ultimi anni, si sono ridotti e loro ne sono consapevoli ed era proprio questa consapevolezza a preoccuparmi di più.
Se avessero esagerato – nel loro essere adolescenti lontani dal controllo dei genitori – come avrei potuto evitare che si facessero male o che avessero problemi dovuti alla malattia? Cosa avrei dovuto fare o dire per non farli sentire “diversi”? Ecco qui il mio limite: malgrado l’esperienza di tanti anni, li guardavo con occhi diversi da quelli con i quali guardo mio figlio, loro coetaneo, al quale lascio (ci provo) la possibilità di scegliere di sperimentare la vita.
In quei pochi giorni vissuti insieme, tutti questi magnifici otto ragazzi mi hanno ricordato che conoscere le situazioni, e le persone, delle quali abbiamo paura ci aiuta ad andare oltre quelle barriere che si nascondono in noi ma non vediamo. Leggere le loro testimonianze, piene di entusiasmo per aver avuto l’occasione di incontrarsi, di farsi domande e di capire che l’emofilia, e tutto ciò che non conosciamo, non ci deve spaventare perché aiuta a vedere i nostri limiti e a superarli. Gabriele, Samuel, Sofia, Marco, Alberto, Antonio, Alessio, Gabriele… vi sarò sempre riconoscente per avermi dato questa occasione.
Buon #LimitiZero a tutti!!!
Stefania