Sono Alberto, abito a Bari, ho quasi 15 anni, frequento il liceo classico, prendo lezioni di musica per imparare a suonare il pianoforte e sono emofilico A grave in profilassi. Ho saputo del progetto “LimitiZero” grazie a mia madre. Ho preso subito in considerazione l’idea di parteciparvi perché, a differenza di altri progetti rivolti esclusivamente agli emofilici, finalmente era già previsto, senza che lo richiedessi, che potessi coinvolgere qualcuno dei miei amici che da sempre sanno che sono affetto da emofilia. Così ho scelto di condividere questa nuova esperienza nel mondo dell’emofilia con il mio amico Antonio, perché lo conosco dalla scuola materna e perché con lui ho condiviso più esperienze legate all’emofilia rispetto a tutti gli altri, come ad esempio lo sport. Le nostre mamme, che come noi si sono conosciute il nostro primo giorno di scuola materna, hanno deciso di accompagnarci personalmente in auto a Morimondo (MI), uno dei borghi più belli d’Italia, luogo dove si è svolto “LimitiZero”. E’ stato un modo per divertirci ancora di più essendo la prima volta che viaggiavamo insieme per così tanti chilometri.
Giunti all’Hotel siamo stati travolti dall’euforia scoprendo che ci era stata assegnata una stanza enorme dell’albergo tutta per noi due. La sera a cena sono avvenute le presentazioni con gli organizzatori e gli altri ragazzi che come noi avevano aderito al progetto. Sin da subito si è creata una forte complicità con altri due ragazzi pugliesi della provincia di Lecce e a fine serata anche con tutti gli altri ragazzi provenienti dal Veneto, dalla Sicilia e dal Trentino Alto Adige era stato sciolto il ghiaccio fra una battuta e l’altra.
Il secondo giorno è iniziato ufficialmente il lavoro con Omar (Osservatorio Malattie Rare) e IED (Istituto Europeo di Design). Dovevamo raccontarci l’un l’altro per spiegare come si vive oggi nonostante l’emofilia, per costruire, partendo dai nostri racconti, uno spot pubblicitario televisivo per dare una nuova immagine dell’emofilia, questa malattia rara poco conosciuta dalle nuove generazioni come la nostra.
I miei genitori mi hanno insegnato a non nascondere l’emofilia, né con parenti e né con amici. E per questo ho colto la palla al balzo partecipando a LimitiZero per portare la mia esperienza di completa condivisione e trasparenza nella mia quotidianità. Quando ero piccolo era mia madre che raccontava dell’emofilia alle altre mamme, fra cui la mamma del mio amico Antonio, così come ai vicini di casa, amici, parenti, con chiunque capitasse l’occasione per parlarne. Quando sono diventato più grande, approfittando della lezione di scienze su come si trasmettono le malattie genetiche, l’ho detto sia ai compagni di classe della scuola primaria che a quelli della scuola secondaria di Primo grado. In entrambe le occasioni, si sono rafforzate altre amicizie, oltre quella con Antonio. Infatti si sono aggiunti Fabrizio, Antonello e di anno in anno tanti altri che mi farebbe piacere far conoscere agli organizzatori del progetto. La scelta dei miei genitori di educarmi a vivere con l’emofilia alla luce del sole non mi ha mai procurato limiti o esclusioni, anzi mi ha permesso di sviluppare amicizie reciprocamente profonde e sincere. Non credo che l’emofilia mi abbia portato ad avere dei limiti nella vita perché sono stato sempre circondato da parenti ed amici che mi vogliono bene per quello che sono, e poi, grazie alla terapia, faccio da sempre tutto ciò che fanno i miei coetanei, certo devo stare attento, avvisare comunque quando mi faccio male per regolarci col dosaggio della terapia, ma se dovessi tirare le somme faccio tante cose in più di alcuni che non sono né emofilici e né affetti da altro, ma che sono solo più pigri o meno curiosi e coraggiosi di me.
Durante il progetto mi è stato chiesto quali sono le cose negative che potrei collegare all’emofilia e ne ho trovate solo due:
–la cicatrice che ho sul braccio destro. A due anni e mezzo mi fu impiantata una fistola per permettermi di iniziare a fare la profilassi e quindi di poter condurre una vita come gli altri insieme agli altri, essendo stato fortunato a non aver sviluppato gli inibitori, anticorpi che se si sviluppano annullano l’efficacia della profilassi.
– il mancato ottenimento del certificato per praticare sport a livello agonistico. Eppure sin da piccolo ho praticato sempre educazione fisica a scuola giocando a calcio, basket, pallavolo, karate sound e mi sono iscritto a diverse scuole sportive: nuoto, calcio e ciclismo. Ma pur essendo risultato idoneo fisicamente e pur avendo tanto voluto, non ho potuto continuare a fare sport di squadra a livello agonistico perché non mi è stato possibile ottenere il relativo certificato, un traguardo a cui però non ho rinunciato e che per ora continuo a tamponare partecipando alle partite di calcio che organizziamo fra amici.
Adesso passo la tastiera ad Antonio.
Sono Antonio, abito a Bari, ho 15 anni, frequento l’istituto tecnico economico, faccio pallavolo e sono amico di Alberto dall’età di tre anni e da allora mia madre e la sua mi hanno spiegato a piccoli passi cosa avesse il mio amico. Abbiamo condiviso tante esperienze insieme come la scuola, il catechismo, lo sport, i giochi, i concorsi, le vacanze, e figuriamoci se ci saremmo fatti sfuggire l’opportunità di partecipare a LimitiZero!!! Il nostro primo lungo viaggio finalmente insieme lontani da casa, anche se le nostre mamme hanno deciso di approfittare per fare le turiste in giro per le città vicine al nostro hotel, alloggiando per nostra fortuna in un altro paesino. Ho tanta stima verso Alberto e sinceramente non lo so se al suo posto avrei avuto il suo stesso coraggio di “bucarsi” da solo. Sin da piccolo mi capita spesso di arrivare a casa sua e, poiché non è ancora pronto, di assistere alle sue infusioni e sembra davvero che non senta dolore, così come dice. Da quando ha imparato bene ad auto-infondersi pare che non ne sbagli mai una. Ma come faccia a restare così calmo con l’ago in mano e a beccare la vena al primo colpo, sinceramente non lo so.
Non ho mai pensato ad Alberto come ad un amico che abbia dei limiti perché abbiamo fatto tante cose insieme e con lui poi si può anche parlare di tutto, dalle cose serie a quelle ridicole. L’unico limite che credo abbia subìto è stato causato dal mancato ottenimento del certificato per continuare a praticare calcio a livello agonistico.
E’ stato interessante sia per me che per Antonio ascoltare le storie degli altri ragazzi, tutte diverse fra loro e tutte ci portavano a riflettere, una volta rimasti soli, su temi importanti a prescindere dall’essere emofilico oppure no, come l’accettazione di noi stessi e la stima che abbiamo di noi stessi ed abbiamo dedotto di averne abbastanza entrambi e che forse il farci da spalla l’un l’altro ci aiuta ad affrontare la vita sempre in modo positivo.
Il terzo giorno parlando dei vantaggi e svantaggi che hanno gli emofilici, abbiamo raccontato l’episodio avvenuto durante una nostra partita di calcio:
Alberto, pur non potendo praticare sport a livello agonistico, gioca ugualmente con noi ogni fine settimana quando organizziamo la partita di calcio. Una volta, dopo diversi falli subiti, aveva reagito facendo fallo a sua volta, ma l’avversario voleva passare alle mani. In un batter d’occhio io e gli altri amici che come me sanno che Alberto è emofilico, a prescindere dalla squadra a cui appartenevamo, insieme abbiamo fatto scudo su di lui, stemperando l’animo rissoso del ragazzo falloso.
Con un emofilico in campo, e nella vita in generale, si impara il fair play, ma che Alberto ci marci sul fatto che sa che verrebbe difeso in caso di pericolo se ci siamo noi, ci sta, ma la cosa è reciproca perché anche lui è sempre pronto ad interessarsi a noi supportandoci con i suoi ragionamenti quando ad essere in difficoltà siamo noi.
L’ultimo giorno del progetto ci siamo scatenati giocando alla battaglia dei colori, c’è stato lo scambio dei numeri di telefono con gli altri ragazzi con cui ci siamo divertiti un sacco facendo le ore piccole insieme la sera ed essendoci messi a nudo interiormente l’un l’altro, tanto da aver avuto voglia di creare un nostro gruppo whatsapp.
Stefania Collet, la coordinatrice del progetto, e tutti i suoi collaboratori, sono stati fantastici nel lasciarci liberi di essere noi stessi, rispettando i tempi, il carattere e le idee di ognuno di noi dall’inizio alla fine, facendoci sentire più grandi e responsabili delle nostre parole ed azioni. Abbiamo avuto la sensazione di aver dato anche noi il nostro piccolo contributo per la realizzazione dello spot pubblicitario, ma divertendoci tanto ed allo stesso tempo imparando tanto dagli altri ragazzi e dai professori.
Grazie a tutti per la fantastica esperienza e arrivederci al prossimo incontro!
Antonio: p.s. avere un amico emofilico come Alberto (e la sua famiglia) è un vantaggio poiché arricchisce interiormente anche me (e la mia famiglia).